A Euro 2000 va in scena una delle partite più incredibili della storia del calcio: la semifinale Olanda-Italia che vedrà Toldo grandissimo protagonista.
Dicembre 1999. Francesco è a cena con amici, tra i quali Mauro Bressan, compagno di squadra nella Fiorentina. Tra i commensali c’è un certo Alberto Ferrarini, che per guadagnarsi da vivere lavora sulla mente, degli atleti e non solo. Tra i due c’è feeling, e Alberto non ha dubbi: “Nel 2000 farai cose importanti. E sarai titolare agli Europei. Ci giochiamo un caffè?”.
Comincia così la storia di una delle giornate più incredibili della Nazionale italiana di calcio. Siamo ad Amsterdam, dove all’Arena si gioca la semifinale dell’Europeo 2000. È la prima edizione ospitata da due paesi diversi, Belgio e Olanda. L’Italia ci è arrivata vincendo, senza brillare, il proprio girone di qualificazione. Ma una volta cominciato il torneo, i ragazzi di Zoff hanno messo il turbo: percorso netto nella prima fase, con il 2-1 all’esordio contro la Turchia seguito dal 2-0 ai padroni di casa del Belgio e al 2-1 col quale abbiamo regolato la Svezia nell’ultima gara del girone. Ai quarti incrociamo la Romania, che a sorpresa ha eliminato Inghilterra e Germania piazzandosi seconda nel Gruppo A. Anche qua, nessun problema per gli Azzurri: Totti e Inzaghi chiudono la pratica nel primo tempo, portandoci in semifinale dove ci aspetta la fortissima Olanda padrona di casa. Gli Orange hanno dominato il girone, battendo la Francia campione del mondo, prima di schiantare la Jugoslavia ai quarti con un 6-1 emblematico del valore della nazionale allenata da Frank Rijkaard. Si gioca all’’Amsterdam Arena, che per l’occasione si è vestita da autentico muro arancione. Per noi, zero chance, pensiamo.
Storie Azzurre, Olanda-Italia Euro 2000
Pronti via, e l’antifona rispetta le previsioni. L’Olanda va a velocità doppia e arriva costantemente prima di noi su ogni pallone. Berkgamp prende il palo con un diagonale di destro, e al 33’ rimaniamo in dieci. Zambrotta improvvido, l’imprendibile Zenden non ha nessuna idea di rimanere in piedi e l’arbitro Merk è casalingo quanto basta: secondo giallo e lo juventino è già sotto la doccia, costringendo a serrare ancora di più i ranghi davanti all’assedio arancione. Sei minuti più tardi, poi, siamo come un pugile alle corde che aspetta solo il colpo del k.o.: Nesta si allaccia in area con Kluivert, l’attaccante del Barcellona nemmeno cade a terra ma l’arbitro Merk stavolta si ingrazia con decisione gli organizzatori. Rigore per l’Olanda!
Sul dischetto va Frank de Boer. Lo ritroveremo all’Inter, con alterne e brevissime fortune da allenatore nella stagione 2016/17. Nel 2000 gioca nel Barcellona, dopo aver vinto tutto con l’Ajax, e di quegli Orange è capitano. Calcia col mancino: forte, rasoterra, incrociato. Palla diretta all’angolino basso a sinistra, ma la mano di Francesco Toldo arriva a scongiurare l’inevitabile. Parata da urlo, siamo ancora vivi. Il match point gli è rimasto sulla racchetta. Noi abbiamo Cannavaro, Nesta e Maldini. E Toldone in porta. E in situazioni apparentemente disperate come questa ci esaltiamo tremendamente. Forza olandesi, venite a farci gol.
L’assedio prosegue, e al 62’ la decisione dell’arbitro lascia purtroppo molti meno dubbi rispetto a quella del primo tempo: Iuliano abbatte Davids, compagno di squadra nella Juventus, appena entrato in area di rigore. Stavolta non c’è materiale per protestare, e sul dischetto si presenta Patrick Kluivert. Anche lui ha vinto tutto con l’Ajax, anche lui si è trasferito al Barcellona nella colonia olandese di Louis van Gaal, dopo un non indimenticabile transito da Milano, sponda Milan. Anche il 9 incrocia, col destro, cambiando quindi angolo rispetto a de Boer. Toldo va dall’altra parte, ma la palla si stampa sul palo. Il principe e oggi re Willem–Alexander, ride in tribuna. A metà tra il sarcastico e l’infastidito. Anche Frank Rijkaard si lascia sfuggire un ghigno in panchina. Ma nell’espressione del tecnico c’è forse già una punta del sentore di qualcosa che sta iniziando ad andare storto. Noi, intanto, siamo ancora in piedi. Nesta e Cannavaro sono uno spettacolo per gli occhi, e nel finale abbiamo anche una chance per vincere al 93’, con Delvecchio lanciato da Di Biagio ma troppo debole nel suo mancino che viene domato comodamente da Van der Sar.
I tempi supplementari
Si va ai supplementari. Siamo a mezz’ora dalla nostra più grande possibilità di giocarci la vittoria. Lo spettro del golden gol incombe, ma più per gli olandesi considerando che al 100’ andiamo a un passo dal delitto perfetto. Lancio di 50 metri di Totti, uno dei suoi, girato di spalle alla porta avversaria. Delvecchio, che lo conosce bene, parte sapendo che quel pallone potrà arrivargli e si presenta a tu per tu con Van der Sar. Il sinistro stavolta è più che promettente, ma il portiere olandese fa una gran parata col piede, strozzandoci in gola l’urlo più inatteso. Totti, a pochi minuti dal termine, segnerà anche. Da centrocampo. Ma il gioco è fermo per un fallo su Bosvelt. Peccato, il gol del secolo, a sei mesi dal via, sarebbe stato già prenotato. Si va ai rigori. Siamo riusciti a costruirci la chance di giocarla ad armi pari. E poi agli olandesi i tiri dal dischetto non sono mai piaciuti. Johann Cruijff, inarrivabile maestro di calcio che osserva dalla tribuna col suo sguardo tagliente, li considerava una lotteria, perché non possono essere allenati. Non li calciava nemmeno, lui, i rigori: ci pensavano Neeskens e Muhren. E anche grazie a questa idiosincrasia culturale abbiamo una grande chance.
Calci di rigore, Toldo nella storia
Partiamo noi. La scelta della porta è un dettaglio insignificante, tanto si gioca sotto un muro arancione con sparute chiazze d’azzurro. Il primo rigore lo calcia Gigi Di Biagio. Chissà quanto ci avrà pensato a quella traversa dello Stade de France. Probabilmente lo sente ancora vibrare in qualche notte agitata, quel legno contro il quale, nei quarti di finale del mondiale ’98, si sono stampati i sogni di gloria azzurri. Gigi si prende la responsabilità: destro forte, a incrociare. Palla sotto l’incrocio: gol! Grande Gigi, siamo partiti bene. Tocca a loro. Sempre Frank De Boer. Da capitano, vuole rifarsi. Ma Toldone lo aspetta lì, e gli basta una parata ben più facile rispetto a quella del primo tempo visto che il 4 arancione calcia lento e quasi centrale. Siamo in vantaggio. Impronosticabile fino a un paio d’ore prima.
Tocca a Pessotto. Non uno specialista, ma nella finale di Champions League di quattro anni prima ha già segnato a Van der Sar, trasformando uno dei rigori della Juventus. Allora aveva calciato incrociato, stavolta cambia angolo: piattone alla sinistra del portiere, che si tuffa dall’altra parte. Altro gol azzurro.
Stam per gli arancioni. Sua ruvidezza, con una certezza: non calcerà piano. E infatti calcia forte. Troppo forte. Palla alta sopra la traversa. Toldo urla “Alberto! Alberto!”. Alberto chi? Qui il nastro va riavvolto all’inizio della nostra storia. Alberto è Alberto Ferrarini, l’uomo della profezia. Toldo titolare è diventato davvero, in corsa e a sorpresa. Il suo numero 12 tradisce l’originario ruolo da secondo, ma i pali azzurri sono diventati suoi con l’infortunio di Gigi Buffon, numero 1 designato che nell’amichevole contro la Norvegia si è rotto una mano dovendo dire addio all’Europeo. Ma la profezia raddoppia, perché Alberto rilancia: “Arriverà una giornata in cui parleranno tutti di te. Facciamo così: ti chiamo quando è il momento, ok?”. Tutto tace fino al giorno della semifinale. Durante la riunione tecnica, al portiere azzurro squilla il telefono: “Alberto, ora non posso parlare”. “Francesco, il giorno è oggi! Ci saranno tanti rigori, ma non avere paura: li prendi tutti oppure li tirano fuori. Fidati dell’istinto, oggi è il tuo giorno”. Sembra averci preso, Alberto. Toldone lo ringrazia a modo suo, ma non è finita qua.
Il cucchiaio di Totti
2-0 per noi. Non serve neanche che ve lo racconti questo rigore qua. A centrocampo, gli azzurri sono abbracciati: c’è chi trattiene una risata e chi invece è teso come una corda di violino. Sul dischetto c’è Francesco Totti, che pochi secondi prima di avviarsi verso l’area di rigore ha annunciato: “Mo je faccio er cucchiaio”. Di Biagio se avesse i capelli se li vedrebbe sbiancare tutti d’un colpo in quel preciso istante: “Ragazzi, ha detto che fa il cucchiaio”. Rincorsa. Tocco sotto. Palla che ci mette un quarto d’ora a toccare la rete. L’ha fatto! Ha fatto il cucchiaio. Totti sorride beffardo dopo una goliardata colma di talento che manda al manicomio una nazione intera. Mancano ancora tre tiri per loro e due per noi. Ma di fatto, la partita la vinciamo lì.
Va Kluivert, per tenere i suoi in partita. Anche lui ha sbagliato nei novanta minuti. Ma stavolta Toldo rimane di sasso, e subisce il primo e unico dei sei rigori che gli sono stati calciati contro nel pomeriggio di Amsterdam. Noi scegliamo Maldini. Il grande capitano, sempre in campo nelle tre sconfitte di fila ai rigori (Italia ’90, Usa ’94 e Francia ’98). Ha le gambe stanche, Van der Sar per la prima volta indovina l’angolo e para. Ma siamo ancora avanti di due, e l’Olanda non può più sbagliare. Tocca a Bosvelt. Toldo parla da solo: “Paralo, paralo”, sembra che dica Francesco. E lo para, anche stavolta. È finita, abbiamo vinto. Siamo in finale all’Europeo, 32 anni dopo la prima e unica volta.
L’epilogo sarà l’ennesima ferita dolorosa di un decennio beffardo, con la coppa già pronta coi nastri tricolori dopo il gol di Delvecchio prima della beffa del pari di Wiltord a tempo praticamente scaduto, seguito dal golden gol di Trezeguet che consegnerà il trofeo alla Francia. Ma quel pomeriggio di Amsterdam, quando un portiere insuperabile e i suoi compagni dal cuore infinito e dagli sguardi sagaci mandarono in analisi l’Olanda intera, è destinato a rimanere una delle pagine più epiche della storia azzurra. Anche a vent’anni di distanza.